foto di Alessandro Schiariti – tratte dal reportage ancora in corso sulla squadra Pineto United

All’interno del centro di accoglienza per richiedenti asilo (CAS) in cui lavoro i colleghi ed io cerchiamo di attivare o prendere parte ai più diversi progetti per lo scambio interculturale e l’inclusione sociale dei migranti. Solo in questo modo possiamo considerare completo il nostro lavoro che inizia con la prima accoglienza, continua attraverso dei percorsi educativi individualizzati e si conclude con il raggiungimento dell’autonomia e l’almeno parziale inclusione socio-economica dei nostri ospiti.
Uno di questi progetti – che mira a favorire l’inclusione sociale dei migranti nel territorio – di cui siamo particolarmente orgogliosi è il “Pineto United”. Una squadra di calcio composta da richiedenti asilo e giovani del quartiere Pineta Sacchetti che partendo da zero lottano per raggiungere un obiettivo: arrivare un giorno a giocare in modo professionistico. Il loro cammino non è semplice e rimbalza tra allenamenti, incontri con tante associazioni e persone, riqualificazione del territorio, cene di autofinanziamento e ovviamente… partite di pallone!

Questo articolo è stato scritto in collaborazione con i giocatori e gli allenatori della squadra ed è in parte tratto dai contenuti presenti sulla pagina facebook del Pineto United

foto di Alessandro Schiariti – tratte dal reportage ancora in corso sulla squadra Pineto United

IL PROGETTO ARTISTICO PINACCI NOSTRI
Tutto prende il via da un progetto artistico chiamato “Pinacci Nostri”, il cui obiettivo è quello di difendere i (maltrattati e svalorizzati) pini del parco del Pineto dal degrado e dall’abbandono, non solo attraverso la pulizia dello spazio pubblico ma anche e soprattutto attraverso momenti artistici e culturali aperti a tutti i residenti. Quest’idea semplice ma potente favorisce il protagonismo giovanile e la libertà di espressione, mette in rete diversi soggetti e realtà che hanno a cuore il territorio e la sua comunità, raccontandone la storia in coloratissimi murales e contribuendo a far crescere il senso di appartenenza al quartiere. Inoltre, come racconta Lello Melchionda, permettere a tante persone che normalmente non frequentano i musei di incontrare gli artisti per strada, a due passi da casa, ha fatto si che in molti si risvegliasse la voglia di mettersi in gioco e di partecipare a progetti collettivi. Proprio per questo “Pinacci Nostri” si definisce come un progetto fluido e composito, “motivatore” di progettualità indipendenti in un processo che loro definiscono di “rigenerazione del territorio e del tessuto urbano”.

LA PRIMA AZIONE NEL PARCO
Alla fine del 2016 prende fuoco l’area giochi del Parco Urbano del Pineto. Così il 25 aprile del 2017, i “Pinacci Nostri” decidono per un’azione spontanea: creare delle installazioni artistiche utilizzando le strutture rimaste in piedi. L’area viene trasformata in un mini percorso sensoriale, creando dei “giochi di una volta”. I bambini del quartiere cominciano a utilizzare le installazioni come dei veri e propri giochi: dalla “campana” alla casetta, il percorso per le macchinine, il mostro disegnato su un grande lenzuolo. Per diverse settimane i bambini e le famiglie tornano a frequentare il Pineto, ma poco prima dell’estate il Comune di Roma decide di smantellare completamente l’area con una ruspa poiché la stessa era stata considerata inagibile.

LA NASCITA DELLA SQUADRA

foto di Alessandro Schiariti – tratte dal reportage ancora in corso sulla squadra Pineto United

“E’ stato in questo frangente che abbiamo maturato l’idea che sarebbero bastati due zaini messi a terra a delimitare una porta, un pallone e la voglia di giocare a calcio per provare a riportare i ragazzini al parco. Un’idea molto semplice, ma forse più forte di qualsiasi altra cosa” racconta Pietro Lucari allenatore del Pineto United insieme a Betta Guarino. “Fondamentale fu l’incontro con Mamadou Diop – per tutti noi Giorgio – un ragazzo senegalese che passava gran parte della sua giornata al parco. Tramite lui, a settembre del 2017, riuniamo nel Pineto un gruppo di ragazzi ospiti del CAS il Gelsomino sulla via Aurelia e cominciamo a giocare al calcio. A loro si uniscono alcuni ragazzi del quartiere. Il Pineto torna a vivere con questi ragazzoni grandi e grossi. Quasi senza accorgercene nasce un’idea in grado di coniugare arte, sport e integrazione, con al centro il parco del Pineto. Un mese dopo, la società calcistica del “Vis Aurelia”, che ha un campo regolamentare in terra battuta proprio nel cuore del parco, sposa il nostro progetto e ci consente di allenarci gratuitamente ogni sabato mattina. Arrivano nuovi ragazzi, sia del quartiere che da altre strutture di accoglienza. L’idea di una squadra di calcio popolare alla Pineta Sacchetti cresce gradualmente fino alla consapevolezza che per portare avanti questo progetto sarà necessario avere, un giorno, un proprio campo autogestito. Scopriamo il “Comitato Valle dell’Inferno” che si batte da molto tempo per il recupero di un campo all’interno del parco e così decidiamo di unire le forze. Durante le vacanze di Natale, con i ragazzi della squadra, insieme al Comitato e altre realtà del territorio iniziamo a sfalciare il campo.

E’ in questo momento che nasce il nome della squadra, dalla consapevolezza che l’unione tra tutte le realtà territoriali che hanno a cuore le sorti del parco del Pineto possa e debba essere l’unica strada percorribile per preservare questa fetta di città. “Pineto United” diventa così la squadra di calcio popolare di Roma Nord-Ovest. Difendere il nostro parco – coniugando i valori dell’arte, della cultura, dello sport e dell’integrazione – in unione con tutte le realtà territoriali che hanno a cuore le sorti del Pineto, è il nostro obiettivo, sintetizzato proprio dal nome della squadra”.

Il “Pineto United” ha recentemente vinto il premio “Roma Best Practices Award” attraverso cui verranno finanziate le spese per l’iscrizione al prossimo campionato, mentre le divise sono state donate da Gustamundo sponsor ufficiale del progetto attraverso le sue deliziose cene multietniche.

GLI OBIETTIVI DEL PROGETTO
Questa squadra di calcio si pone come obiettivo supportare lo sport popolare come pratica di partecipazione e di cittadinanza attiva (in netta contrapposizione al calcio dei grandi club in cui i tifosi sono ridotti a meri consumatori e spettatori); favorire la socialità nella comunità e l’incontro tra cittadini italiani e giovani richiedenti asilo. Come dice, un po’ emozionato, un giocatore: “Questa squadra è molto importante per me perché qua giochiamo tutti insieme, italiani e stranieri, non ci sono differenze e tutti siamo diventati amici!”
L’allenatore ci racconta che il “Pineto United” non è stato pensato fin da subito come una squadra multietnica, l’incontro con rifugiati e richiedenti asilo è avvenuto un po’ per caso. Gli organizzatori sono felici di questa “svolta interculturale” ma sono anche consapevoli della responsabilità e dell’impegno che questo comporta. Loro fanno di tutto per l’inclusione dei ragazzi nel territorio: gli allenamenti sono rigorosamente in italiano, le attività con altre associazioni numerose e, tramite la fondazione di un’associazione sportiva e la collaborazione con diversi sponsor commerciali, vogliono dare ai ragazzi migranti degli strumenti (formazioni o tirocini) spendibili anche nel mondo del lavoro!
Contemporaneamente si battono per proteggere il parco del Pineto così da restituire uno spazio abbandonato al quartiere e prevenire possibili speculazioni edilizie su un terreno che vogliono rimanga destinato ad un uso sociale. Lo ribadiscono anche sulla loro pagina facebook: “Il parco e il campo da calcio sono beni comuni, spazi sempre a disposizione dei cittadini, che tutti devono poter usare liberamente e gratuitamente”. E’ proprio il campo da calcio a rappresentare il “progetto comune” di questi giovani – italiani e migranti – un luogo fisico e simbolico attorno a cui le persone si incontrano, le forze si uniscono e i corpi si avvicinano.

LO SPORT STRUMENTO DI INCLUSIONE

foto di Alessandro Schiariti – tratte dal reportage ancora in corso sulla squadra Pineto United

Il calcio è un gioco, ma non dovremmo mai dimenticare che il gioco è una cosa seria. Giocando le persone fanno esperienza e interpretano il mondo. L’Unione Europea riconosce il valore sociale ed educativo dello sport, l’attività sportiva non è solo occasione di incontro e socialità ma un potente strumento per veicolare valori come il rispetto, la fiducia negli altri, l’antirazzismo e la determinazione. “Vincere nel calcio e nella vita” è lo slogan che meglio rappresenta gli ideali del Pineto United e Pietro Lucari mi spiega il suo significato: “Conoscere il valore della vittoria e della sconfitta è fondamentale per noi. I nostri giocatori non possono mai adagiarsi o dare per scontato il loro talento. Il calcio ci insegna a essere determinati e a batterci per raggiungere i nostri obiettivi… nello sport come nella vita!”.
Il diritto allo sport per rifugiati e richiedenti asilo può sembrare una velleità se paragonato al mancato riconoscimento di altri diritti, ma non è così. Per usare le parole di Liberi Nantes (l’ormai storica squadra di calcio di rifugiati a Roma) “la libertà di accesso allo sport offre a persone in fuga da grandi difficoltà un’occasione unica di evasione, recupero della dignità umana, ricostruzione personale e dei rapporti di amicizia e di fiducia. Lo sport è vita, ha in sé forza e coraggio, aiuta a ridurre le distanze, crea coesione e solidarietà”. O più semplicemente, come dice un mio ex-studente che adesso gioca nel “Pineto United”: “Giocare in questa squadra è importante per il mio corpo e anche per il mio cuore”.

 

di Francesca Messineo – Antropologa di formazione e specializzata in studi sociali sulla globalizzazione (Master in Global Studies Programme). Impegnata fin da giovanissima nella lotta al razzismo con il Comitato Abba Vive, nato in ricordo di un ragazzo italiano originario del Burkina Faso ucciso nel 2008 a Milano. Ho vissuto per qualche anno in Cile partecipando a diversi progetti per contrastare le disuguaglianze socio-economiche nella capitale: formazione professionale per donne indigene (AlpiAndes), laboratori per aiutare i bambini dei quartieri più poveri a sviluppare le proprie potenzialità socio-cognitive (Voces de la Calle), attività di ricerca sulla povertà urbana (TECHO-Chile). Tornata in Italia, mi sono appassionata alla didattica interculturale e all’insegnamento linguistico. Adesso vivo a Roma e lavoro in un Centro di Accoglienza Straordinaria per richiedenti asilo, dove insegno italiano e mi occupo di percorsi formativi per l’inclusione sociale dei migranti.