“Qual è un luogo di Roma che non dimenticherai mai, un luogo che porteresti sempre con te, anche se tornassi nel tuo Paese d’origine o andassi a vivere in un altro posto?”
Attorno a questa domanda si è svolta l’indagine di Claudia Pecoraro che, con il progetto Rhome, ha voluto riflettere e far riflettere sulla nuova memoria dei luoghi della città e sui nuovi luoghi della città che entrano nella memoria, attraverso lo sguardo di alcuni “nuovi cittadini” migranti che da anni vivono e lavorano a Roma.
Il progetto è stato proposto al Museo di Roma, Lieux de Mémoire della città fin dalla sua origine, quando viene istituito, negli anni ’30, con l’intento di conservare il ricordo dei luoghi di una città che andava scomparendo, per effetto, prima, dei primi piani regolatori e, poi, dello smantellamento di intere aree urbane in epoca fascista.
Il Museo di Roma è stato disponibile a prestare ascolto e dare voce alle nuove memorie generate dalla città mediante una mostra fotografica, a cura di Claudia Pecoraro e realizzata in collaborazione con l’associazione “èarrivatoGodot”, il CNR e Officine Fotografiche Roma.
Nel progetto sono state coinvolte 34 persone di diversa età e origine, tra loro molto diversificate per cultura, lavoro e provenienza sociale.
Dopo una prima, lunga, intervista che ha messo in moto, a ciascuno è stato chiesto di esprimere e affidare il proprio ricordo non soltanto alle parole ma anche a un’immagine fotografica.
E così, 12 fotografi, allievi e insegnanti dell’Associazione Officine Fotografiche Roma, hanno accompagnato ciascun migrante in questo percorso stimolante e impegnativo. Insieme, hanno intessuto un dialogo mirato a comprendere in profondità le ragioni della scelta del luogo, ragionando sulla costruzione dell’immagine, l’inquadratura più adatta ad esprimere la visione personale di ogni singolo partecipante. Ogni fotografo si è reso così “occhio” del partner, lasciandogli la regia dell’immagine.
Nella stessa ambientazione, i fotografi hanno realizzato il ritratto dei migranti, esposti in mostra accanto alle foto dei luoghi di affezione e alle descrizioni.
Ne risulta una mappa variegata, in cui emerge come memoria e senso di appartenenza si sono radicati attorno a luoghi a volte inaspettati.
BAHAR ABDALLA – SUDAN, NIAALA
A Roma da 7 anni
STAZIONE TERMINI
Ho passato tanto tempo qua. Ogni giorno, ci passo 2-3 volte; se devo incontrare qualcuno, vado a Termini; se mi serve qualcosa, vado a Termini. Ho voluto fotografare l’ingresso da Via Giolitti, è bellissimo!
AURELIA POP – ROMANIA, ORADEA
A Roma da 16 anni
PORTA DEL POPOLO e PIAZZA DEL POPOLO
La prima volta ho atteso tanto al semaforo di Piazzale Flaminio, poi ho attraversato la strada ed è stata una sorpresa. Come a teatro, il sipario che si apre. Quando sono entrata dalla Porta del Popolo, mi sono sentita abbracciata dal cerchio della piazza. È un posto solare, aperto, colorato, sembra che tutto il mondo sia lì. Hai la sensazione… come se entri e già fai parte di Roma, e di essere accolta non solo a Roma ma nel mondo.
SHAMMI PERERA – SRI LANKA, KATUNAYAKA
A Roma da 15 anni
VIA MOLFETTA, QUARTICCIOLO
Il luogo di Roma che porterei sempre con me è casa mia. Prima andavo di qua e di là in affitto, non volevo chiedere niente a nessuno, volevo fare da solo. Quando ho conosciuto mia moglie, abbiamo sistemato tutto insieme. Da quel momento mi sento bene. Ora ce l’ho fatta.
“Rhome – Sguardi e memorie migranti” ha ottenuto il riconoscimento UNAR (Ufficio Nazionale Antidiscriminazioni Razziali) quale “iniziativa di rilievo nell’ambito delle attività di prevenzione e contrasto delle discriminazioni razziali”.