Parole come inclusione, coinvolgimento, partecipazione, co-produzione fanno parte da tempo del vocabolario di molte istituzioni museali.
Con Vito Lattanzi (Settore II, Direzione Generale Musei, MiBACT) abbiamo parlato del cambiamento, nel corso della storia, della nozione di museo e del suo ruolo in relazione al patrimonio culturale e alla società, risalendo alle tappe fondamentali che hanno portato all’idea odierna di istituzione aperta e inclusiva per pubblici sempre più diversificati per background culturale e sociale.
Il patrimonio culturale non è un bene che ha valore di per sé, ma in quanto prodotto sociale, espressione di identità, storia e convenzioni. Proprio in virtù di questa sua rispondenza ai bisogni culturali e identitari di una data società in un dato tempo, il patrimonio culturale è inevitabilmente soggetto ad una continua revisione e ri-concettualizzazione da parte delle comunità. L’immagine a cui si fa riferimento pensando al museo contemporaneo è quella del forum, dove le persone si incontrano e partecipano attivamente , partecipando in prima persona, interpretano i patrimoni e contribuiscono alla creazione di nuovi contenuti.
E se la composizione della società cambia, con essa cambia anche il museo, che accoglie anche le interpretazioni dei “nuovi cittadini”.
È intervenuta, successivamente, Monica Celi (Direttore Museo di Storia Naturale e Archeologica e della Biblioteca civica di Montebelluna, Treviso) per raccontarci le scelte progettuali, le politiche educative e la gestione e programmazione delle attività interculturali svolte nel museo in cui lavora. Ci ha fornito importanti linee guida per la programmazione e la gestione delle attività, partendo dall’individuazione di obiettivi specifici da raggiungere in relazione al ruolo che si vuole avere nel territorio di appartenenza. Nel caso specifico del territorio di Montebelluna e dintorni, il Museo di Storia Naturale e Archeologica da anni si impegna per essere presidio e riferimento nel territorio e le comunità di abitanti, attivando sinergie con altre istituzioni e associazioni e proponendo percorsi educativi. Il museo è quindi diventato luogo vivo di incontro e relazione. Proprio in virtù del ruolo sociale che ha assunto, la direzione ha deciso di rendere conto non solo delle scelte e delle risorse impiegate, ma anche delle ricadute sul territorio di appartenenza attraverso il “Bilancio Sociale”, un articolato strumento di valutazione dell’impatto della politica istituzionale, che fornisce una panoramica più ampia rispetto alla valutazione delle singole attività.
La valutazione dell’effettivo valore creato da servizi, interventi e progetti è un’esigenza crescente per ogni organizzazione che opera nello sviluppo della comunità. Per approfondire il tema della verifica e valutazione, è intervenuta Annalisa Cicerchia (Primo Ricercatore ISTAT) che ci ha presentato dei modelli flessibili, capaci di adattarsi alla specificità di ogni situazione. Questo significativo intervento ci ha suggerito strategie per tradurre in indicatori le varie dimensioni di analisi, che sono specifiche per ogni intervento realizzato. Attraverso gli indicatori, la valutazione quantitativa traduce in numeri tra loro confrontabili i fattori che coesistono in un progetto, fornendo un’informazione oggettiva. In alcuni casi non è necessario tradurre in numeri un progetto, per cui si può scegliere di applicare, fin dall’inizio, un metodo qualitativo che tenga conto anche degli effetti inattesi di un progetto.