Il cortometraggio “Io sono Rosa Parks” viene premiato con il Premio “Miglior messaggio G2” della sezione Migrarti alla 75ma Mostra internazionale d’Arte Cinematografica, La Biennale di Venezia «Per aver saputo raccontare una storia fatta di contrasti di “bianco” e di “nero” con elegante semplicità creando un ponte tra passato e presente, con la speranza di un futuro a colori».
Il cortometraggio, scritto e diretto da Alessandro Garilli e prodotto da Angelika Vision in collaborazione con Arising Africans e #ItalianiSenzaCittadinanza e vincitore del Bando MigrArti del MiBAC, è stato interamente girato al MAXXI, Museo delle arti del XXI secolo.
«Esiste una linea invisibile che ha il potere di dividere il mondo in bianco e nero. Questa linea, non tanto tempo fa, percorreva tutto il profondo sud degli Stati Uniti» (Io sono Rosa Parks)
Erano i tempi della segregazione razziale e i primi posti degli autobus, negli Stati Uniti, erano riservati ai bianchi. I neri dovevano sedersi nella zona posteriore dell’autobus e, se i posti non erano occupati da bianchi, anche nella zona centrale. Altrimenti si dovevano alzare, cedere il loro posto, spostarsi nella zona posteriore dell’autobus e, se questa era piena, andarsene.
Rosa Parks era seduta nella zona centrale dell’autobus quando l’autista si accorse che un uomo bianco era rimasto in piedi perché la donna, nera, rifiutava di cedergli il posto. Quel giorno Rosa Parks venne arrestata e multata e, in breve tempo, divenne un’icona dei diritti civili. Il suo rifiuto diede origine a una grande manifestazione non violenta guidata dal Pastore Martin Luter King e il boicottaggio degli autobus da parte della comunità afroamericana terminò soltanto dopo l’entrata in vigore di una legge che dichiarava incostituzionali gli autobus segregazionisti.
A narrare la storia di Rosa Parks sono Susanna, Omar, Hilda, Anna Maria, Aida, Arbër, Fioralba, Ada, Marwa, Dulceneida, Assita e Paula del movimento #ItalianiSenzaCittadinanza che, dal 2016, si batte per l’accesso alla nazionalità italiana e pari diritti per un milione di figli di stranieri nati o comunque cresciuti in Italia.
«La linea da cancellare è subdola: c’era una volta, ma c’è ancora; cambia nome, si sposta, viaggia, attraversa il mondo e non divide solo i bianchi dai neri, ma spesso divide gli uni dagli altri e soprattutto divide i diritti … dai civili, i diritti … dagli umani. Varrebbe la pena quindi di domandarci se esiste la linea vicino a noi, dove sia esattamente mentre camminiamo e chi possa essere oggi in Italia Rosa Parks» (Io sono Rosa Parks)
Il cortometraggio ci invita così a riflettere sulla condizione di “spaesamento identitario” che vivono quasi un milione di ragazzi di seconda generazione, italiani di fatto, ma non di diritto, che si trovano ad essere stranieri ovunque e comunque.
La decisione di far muovere i protagonisti sempre lungo le passerelle e le rampe scure che attraversano lo spazio del museo come sospese nel vuoto, deriva proprio dalla stessa condizione identitaria “sospesa” dei narratori. Le scale infatti, collegando una realtà ad un’altra, si pongono al nostro sguardo come una sorta di non luogo che riflette lo spaesamento sopra descritto.